Il Quattrocento è il secolo del Rinascimento vinario soprattutto in Italia, alle antiche proprietà, padronali, aristocratiche ed ecclesiastiche, si aggiungono le iniziative individuali dovute al cambiamento di Stato: il servo della gleba, è oramai borghigiano, contadino e si procura la terra da coltivare disboscando. L'Italia è una sorta di Far West dove l'agricoltura guadagna del terreno a spese della foresta di querce, del bosco.
Il Monferrato destinato a diventare regione vinicola d'elezione, per esempio, era ricoperto di bosco e a poco per volta le pendici collinari perdono il loro mantello lussureggiante e vengono convertite all'agricoltura, e in particolare alla vite.
Anche nella Puglia prende lentamente l'avvio un'azione di disboscamento destinata a diventare pressocchè integrale, è una degradazione, dal punto di vista dell'ecologia naturale, che caratterizza la rivoluzione dell'agricoltura e dello sviluppo della campagna proprio in età rinascimentale.
Si estendono le piantagioni; si realizza un sistema di viabilità di valle in valle; nascono i borghi agricoli, la campagna si popola di fattorie, di case coloniche, di impianti di servizi all'agricoltura.
In Toscana, dove l'impulso maggiore al dissodamento e alla piantagione agricola viene dalla ricca borghesia urbana, questa nuova ingegneria del paesaggio si esprime con una piccola regia.
Nella Penisola le aree agricole sono in gran parte adattate alle vigne, con la sola limitazione dell'altitudine e infatti la coltura viticola si diffonde largamente e rapidamente. Nel Piemonte il vitigno Nebbiolo la fa da padrone, il Veneto è area di antica viticoltura, l' Emilia Romagna è celebrata per la famiglia dei suoi "vini da spuma", ossia i Lambruschi, richiesti nelle regioni vinicole del sud. La Puglia invece è produttrice dei "vini grechi", mentre il Lazio e la Toscana sono forti regioni vinicole specializzate nella produzione dei vini bianchi, e rossi successivamente; insomma una vera e propria cultura in Italia nella coltivazione dei vitigni.
|